Un viaggio che porta alla sua nascita e alla distanza tra me e te. Doveva unirci ed invece…
Quando l’idea di un bambino bussa alla porta dei futuri genitori, il più delle volte accade una magia. Una magia che però arriva in un tempo unico, in attesa del quale ogni coppia reagisce in modo diverso: avvicinandosi o allontanandosi; rendendo già visibile una modalità differente nei due partner di affrontare quella frustrazione, quel dolore.
Quando si parla di gravidanze, quasi mai si sente parlare delle perdite. Quelle perdite che soffocano la donna in un modo indescrivibile, quelle perdite che salutano il profumo della maternità, le fantasie sul sesso, sul profilo del bambino, sulle somiglianze, sul colore degli occhi e dei capelli. Spesso l’uomo si concentra sulla salute della partner, con frasi tipo <<l’importante è che tu stai bene. Ci riproveremo!>>. Di contro la donna piange, inconsolabile. Le sue lacrime affondano nel cuscino. Le lunghe nottate di perdite ematiche e lacrimali si accavallano come cavalli imbizzarriti.
Ed è lì, sola, incompresa.
Frasi come <<Ci sono cose peggiori nella vita. Ci puoi sempre riprovare. Ma sei ancora giovane, quale è il problema!…>> ti rendono, parola dopo parola, respiro dopo respiro, sempre più inesorabilmente invisibile e sola. Silenzio, basterebbe del sano silenzio di rispetto! Nel silenzio, non aggiungo altro e volto pagina, sino ad arrivare alla prima ecografia, al suono del battito del suo cuore, al suo sesso che si svela al mondo, la pancia che cresce ogni giorno di più, alle farfalle che nuotato senza sosta nel nostro corpo. Il tempo scorre come dei granelli in una clessidra, scendono lentamente, ma in un attimo è già ora di rovesciarla per far ripartire il tempo. Ad ogni granello caduto la donna prende sempre più contatto con il suo corpo, la vita che cambia radicalmente, non si è più padrone di fare nulla se non condizionate dal quel cuoricino che batte dentro di noi. La gravidanza, e la sua fisiologia, è studiata proprio per consentire, tra le altre cose, questo adattamento: la mutazione da donna a madre!
E l’uomo? Quando muta da uomo a padre? È proprio questo il fulcro a cui arriveremo tra poco!
Nonostante l’adattamento quotidiano, sono poche le donne che arrivano al parto pronte e consapevoli di quello che sarà. La fantasia aiuta certo, come anche l’essere state vicine a sorelle, cognate ed amiche. Ma viverlo è in assoluto tutt’altra cosa.
Nonostante il dolore immenso del parto, il dolore del post parto, le nottate in bianco, nonostante tu abbia raggiunto e usato l’ultima goccia delle tue energie, non puoi tirarti indietro.
Ma puoi fare una cosa: chiedere aiuto. Chiedere sostegno. È un tuo diritto ed è anche un diritto del bambino avere una mamma che si lascia aiutare! Questo, si può fare. E si può iniziare proprio con il padre del bambino. È molto importante creare un ponte di comunicazione tra i due partner. Condividere emozioni, stanchezza, perplessità e paure. Condividere anche l’incapacità che si sente nel prendere per la prima volta in braccio quel bimbo così piccolo.
Gli uomini tendono a vedere la donna come colei che sa cosa e come fare. Si sbagliano! Perché anche noi donne dobbiamo imparare ad essere madri. Quando il neonato piange, agiamo d’istinto, ma impariamo a comprenderlo per tentativi ed errori, le madri come i padri. Ma alla donna molto, troppo è delegato e dato per scontato. Questo è un grande rischio perché se da una parte sovraccarica la donna, dall’altra allontana e delegittima l’uomo. Col passare dei giorni e dei mesi, nonché con l’accumularsi delle deleghe alla madre del bambino, il padre sempre meno riuscirà a comprendere i bisogni del bambino e quest’ultimo cercherà sempre più la madre e sempre meno il padre. Questo si presenta come un circolo vizioso: il padre delega alla mamma del bambino, il bambino cerca la madre, il padre delega nuovamente la madre del bambino e così via. L’una vive la frustrazione dell’abbandono, della solitudine e del non essere compresa, l’altro vive la frustrazione del sentirsi inutile, non capace ed escluso dalla coppia madre-bambino. In questo rapporto esclusivo della diade-bambino viene a verificarsi un vero e proprio tradimento da parte della donna nei confronti del partner. La donna sarà completamente assorbita dai bisogni del bambino (del nuovo bambino e non più del bambino-partner). L’uomo risponderà a questo tradimento dedicandosi completamente al suo amante: il lavoro.
L’incomprensione aumenta nella coppia perché questi fattori caratterizzano il passaggio da coppia coniugale a coppia genitoriale. La trasformazione da coppia a famiglia contempla una profonda crisi di coppia tra i partner. Non ci si riconosce più, e spesso ci si fa male con parole e azioni che non ci saremmo mai aspettati dall’altro e da noi stessi. La tempesta emotiva che si vive in questa fase esiste perché deve creare disequilibrio, ed è solo attraverso la perdita di equilibrio che possiamo trovare il nuovo equilibrio. Passare da due a tre.
Ci si allontana. Ci si odia.
Ma ad un certo punto arriva uno spiraglio. Il bimbo inizia a generalizzare i suoi interessi, magari si sente più sicuro ed inizia ad interagire con il papà, condivide con lui dei giochi, delle paroline. Questo fa accendere nel padre la luce della competenza e dell’importanza. Non si sentirà più tradito ed avrà meno bisogno di tradire.
Tenete duro! E’ una complessa e fisiologica fase di passaggio, tanto dolorosa quanto importante. E’ attraverso questa crisi, questa fase, che ci si trasforma e ci si fortifica sia dentro ognuno di noi sia nella coppia. Avviene una magica trasformazione come avviene per i vasi giapponesi, che dopo la rottura, i pezzi vengono rincollati con l’oro, acquistando piu’ valore di prima, sono proprio le crepe e le rotture a impreziosire il vaso rendendolo unico ed irripetibile.