LA CAPACITA’ DI RIPARARE a cura della dott.ssa Simona Neri


Il lato nascosto delle fratture
Kintsugi è una parola composta da “kin” oro
e “tsugi” che vuol dire riparare, recuperare.
Il suo significato letterale è quindi “riparare con
l’oro”. Ma riparare cosa?
Il kintsugi è una tecnica nata intorno al XV secolo,
nel lontano Giappone, al fine di recuperare i vasi di
ceramica rotti o danneggiati, magari anche a causa
di una accidentale distrazione.
La leggenda narra che l’ottavo “shogun”, ossia il
capo delle spedizioni belliche, abbia deciso di
inviare la propria tazza in Cina, al fine di ricomporla.
All’epoca per riparazioni di questo tipo ci si affidava
a leghe metalliche che non sempre garantivano un
buon risultato. E questo fu il caso.
Ma tanto era forte il desiderio di avere di nuovo con
sé integra la propria tazza che lo shogun fece
l’ennesimo tentativo. Affidò il suo oggetto a degli
artigiani giapponesi, che rimasti colpiti oltre che
dalla tenacia anche dal valore che lo shogun
attribuiva alla sua tazza vollero tentare spingendosi
fino al limite. Venne utilizzato il materiale più
prezioso: l’oro. La tazza recuperò vita, arricchita di
fratture tenute insieme da un metallo tanto lucente
quanto prezioso.
La metafora dovrebbe e potrebbe, allo steso tempo,
essere estesa alle persone e non solo agli oggetti.
Nel corso della vita si possono subire delle ferite
così profonde e dolorose, da arrivare a “rompere”.
Rompere un equilibrio, rompere una
relazione, rompere una vita. Dopo un
tale dolore, per sopravvivere, si è
costretti a raccogliere “i pezzi”.
Il kintsugi insegna proprio a legare i
pezzi infranti, ma allo stesso tempo ad
impreziosirli, ad inglobare le proprie
ferite, a considerarle un valore aggiunto,
a farsi forza con le stesse per acquisire
una nuova veste. Una particolarità che
rende unici. Nessuno si rompe seguendo
le stesse linee, fratture, bensì secondo la
propria peculiare fragilità.

Sono le nostre ferite a parlare di noi, della nostra
storia, del nostro essere.
Un’imperfezione seguendo quest’ottica non deve
necessariamente provocare dolore o vergogna.
Un’imperfezione è quella crepa dorata che rende
unici e pregiati. La forza nel rispondere agli attacchi
della vita sta nell’integrare anche le crepe, sta nel
rimettersi in gioco con un valore aggiunto. Rotto non
può significare da “buttare”.
La rottura narra una storia.
Riparare in analisi vuol dire restituire interezza,
integrità al proprio oggetto d’amore. Vuol dire
portare alla creazione di un oggetto totalmente
“buono”. Traslai di un meccanismo descritto per la
prima volta dalla Klein nel 1932.
Si arriva spesso a consultazione a causa delle ferite
La riparazione viene in quanto l’istinto di vita
prevale sull’istinto di morte E’ importante prestare
attenzione ai comportamenti dei bambini in ambito
scolastico, molto spesso semplici accorgimenti
educativi possono fare la differenza. Nei casi più
complessi, nei quali è necessaria un’azione
terapeutica, oltre al coinvolgimento della famiglia e
degli specialisti, fondamentale diventa l’azione da
parte della scuola che inserendo strategie e adeguati
snellimenti del programma scolastico contribuisce
alla qualità dell’apprendimento di studenti con
disturbi specifici dell’apprendimento.

Lascia un commento

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: